Ain’t it fun?

Grazie a Simon James Terzo per avermi fatto tornare in mente questo pezzo.

“Ain’t it fun” – Guns N’Roses

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Questo post non è per signorine

E questi sono due o tre sassolini che prima o poi mi dovevo togliere dalle scarpe.

“Non ti sopporto più” – Skiantos

 

Dietro la finestra

Quanto è bella la pioggia guardata da dietro la finestra? Non quella distruttiva degli ultimi giorni, è ovvio. Quella pioggia leggera, che schizza sul vetro tutte queste goccioline, una diversa dall’altra.
Grandi e piccole, ognuna con la sua forma, tonde o irregolari.
Gocce solitarie.
Gocce che si uniscono formando un rivolo leggero che scende fino alla base.
Gocce piene che sarebbero pronte a scendere da sole ma rimangono li attaccate, impassibili nonostante il vento e le altre gocce che cercano di conquistarne la posizione.
Gocce che invece spariscono di loro iniziativa, per lasciar spazio a gocce nuova e diverse.
Gocce come tante persone che popolano il vetro di una vita intera.

“Europe, After the rain” – Max Richter

 

Le cose più belle

Di solito, dormo tre o quattro ore a notte, cinque se sono proprio stanca.
Ieri notte, un’ora e qualche spicciolo, dalle 6:00 alle 7:15.
Al cinquantesimo bip bip della sveglia, l’avrei spaccata, ma in un istante di lucidità ho realizzato che la sveglia è il telefono, e dargli il colpo di grazia non sarebbe stato opportuno. Ha già la sua bella decorazione craquelè, faticosamente ricavata da una decina di cadute da un metro d’altezza, quasi tutte senza custodia. Quasi tutte seguite da una serie di colorite imprecazioni mentali, ho una certa ritrosia a pronunciare parolacce ad alta voce.

In attesa del sonno, mi sono piazzata davanti al camino acceso.
Ho finito di leggere un libro sgranocchiando semi di girasole.
Ho ascoltato musica sprofondata nel pouf modello Fantozzi.
Ho persino riaperto il libro del corso di Swahili, che stazionava nel portariviste da quando sono tornata dalla Tanzania (perché se vai in un paese dell’Africa orientale, è ovvio che al rientro tu abbia la ridicola presunzione di poterne imparare la lingua, o almeno le basi. Salvo poi deprimersi e abbandonare quando ti rendi conto che in un mese hai imparato solo il presente del verbo essere, e a memoria).

Nonostante siano tutte non-attività molto rilassanti, gli occhi rimangono aperti come quelli di Betty in “Opera”, senza neanche bisogno degli spilli. Si, lo so, “Opera” è un filmaccio, ma giuro che è l’ultimo che ho visto di Dario Argento.
Un’endovena di endorfine avrebbe potuto aiutare, ma mancava la materia prima (l’allitterazione è assolutamente casuale).

E allora mi sono data alla lettura dei post di wp che per mancanza di tempo negli ultimi giorni mi erano sfuggiti, e mai decisione fu più saggia, perché tra i tanti blog su cui ho posato con piacere gli occhi, c’è quello di Ed Felson con un post che ha conquistato anche le mie orecchie. Ci ho trovato un pezzo di un gruppo che non conoscevo, “Il bello di Marta”, dei Wet Floor.
Ma che bello che è… al primo ascolto m’è piaciuto, al secondo l’ho aggiunto a Spotify, dal terzo in poi m’ha conquistata.

La musica, il testo, la voce, tutto. Grazie, Ed.

“Le cose più belle sono quelle che non puoi controllare
Quelle da non fare

Le cose più belle sono quelle per cui lottare
Non è solo un sogno questa rivoluzione
Le cose più belle lasciano graffi e lividi
Sotto il palco, dentro il letto, oltre i limiti”

Niente da aggiungere, è proprio così.

La fotografia poteva anche essere superflua, ma l’avevo già pensata quando ho ascoltato e riascoltato quel pezzo, prima ancora di decidere che avrei scritto qualcosa, e ormai è sua.
E anche stanotte le ore sono piccole, 2:45.

Preview. Publish. Buonanotte.

“Il bello di Marta” – Wet Floor

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Force of nature

“Force of Nature” – Pearl Jam

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Here comes the rain again

I want to breathe in the open wind, I want to kiss like lovers do
I want to dive into your ocean, is it raining with you?

“Here comes the rain again” – Eurythmics

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The sound of silence

“Silence like a cancer grows”

“The sound of silence” – Simon & Garfunkel


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C’è sempre una prima volta

Io non sono una che scrive, leggo con piacere i blog degli altri, a volte commento se ho qualcosa da dire, senza intromettermi troppo. Scrivere mi piacerebbe anche, ma ho l’ansia da prolissità, che lo so che mi dilungo troppo, non so raccontare di fatti generici, e mi chiedo cosa gliene possa fregare agli altri dei miei.
E poi mi trovo a mio agio con la fotografia, a ognuno il suo linguaggio.

Ma adesso ho un problema, e per spiegarlo c’è bisogno delle parole.
Ho aperto il blog un anno fa, subito accantonato per problemi personali, per riprenderlo più o meno da tre mesi, quindi contano solo quelli.
Il problema è che stamattina tra le notifiche ho visto un numeretto, 68 followers… e questa cifra mi dà da pensare. C’è qualcosa che non va. Non è possibile. Magari voi penserete che 68 non sono niente rispetto ai mille mila di altri, ma io non ce l’ho un termine di paragone, e comunque per me sono tanti.

Nella vita quella vera, ho un certo numero di amici ma non sono poi così tanti, pochi ma buoni, per usare un luogo comune. Non mi trovo a mio agio nelle conversazioni del più e del meno, sono più competente di musica e fumetti che di analisi comparata degli ultimi trent’anni di meteo, ergo tutta una serie di conoscenze superficiali non le so mantenere, e confesso che neanche mi dispiace. Ho alle spalle una convivenza di dieci anni, e di recente ho sostituito l’uomo con un gatto.
Nella vita quella vera, l’unico vero follower è lui, quando ha fame, quando vuole uscire o quando ha voglia di essere un po’ coccolato. Il gatto è un animale di carattere e fondamentalmente onesto, quando ti cerca, ti fa capire chiaramente il motivo, e se sta con te è perché è proprio quello che vuole in quel momento. Ho un po’ divagato, ma è attinente.

Torniamo al problema iniziale. Con alcuni di voi, ho stretto piacevoli relazioni di reciproche frequentazioni, ci leggiamo, ci commentiamo, come si potrebbe fare tra persone in carne ed ossa, a volte anche fuori di qui. Con altri ci si incontra ogni tanto, e va comunque bene. Facendo un rapido conto, sarà un quarto del totale. Un numero ragionevole per le mie capacità relazionali.
E tutti gli altri? Chi sono? Malati colti dalla sindrome da inseguimento? Biechi calcolatori che puntano a bollini da “X follows” sempre più alti con la tecnica del “seguire per farsi seguire”? Voyeur di blog altrui? Perché non danno evidenza di sé a parte quel primo clic? Un recente nuovo amico di qui mi ha detto: “Sporca quando entri, lascia un segno del tuo passaggio”, ed è qualcosa che condivido. Ricevere un apprezzamento o anche una critica mi fa piacere, è tutto costruttivo e genera dialogo. Che gusto c’è ad essere qui senza interazione? Leggere un post senza far sapere a chi lo ha scritto che ci è piaciuto? Fare lo spettatore invece che aggiungere una nostra esperienza o controbattere e argomentare se non siamo d’accordo?

Poi un’altra cosa. Non so voi, ma io nel reader la roba che non mi interessa non ce la tengo. Mi urta, mi distrae e mi fa perdere tempo. Ci tengo solo blog che probabilmente leggerò. E pochi, altrimenti rischio l’overbooking. Perché poi anche a leggere ci vuole tempo, non mi fermo al post nudo e crudo perché spesso i commenti valgono quanto e più del post stesso. Ho seguito thread mille volte più interessanti di tutti i talk show televisivi messi insieme (potevo cercare un paragone migliore che la media del talk show italiano è bassina, lo so, ma il senso credo si capisca lo stesso). Questo mondo virtuale è un bel po’interessante, ma c’è una vita la fuori, mica si può passare tutto il tempo qui a spulciare tra i blog.

E allora mi chiedo: sono solo io ad essere incapace di seguire tanti blog contemporaneamente? A cercare con le persone di qui un rapporto simile a quello che potrei avere davanti a un caffè, simpatie ed antipatie comprese? Ad interessarmi più della qualità che della quantità? Oppure ho scritto una marea di cazzate e dovrei farmi meno pippe mentali? Sono le 3:30, e quando si scambia la notte con il giorno ci può stare anche questo.

“Follow you, follow me” – Genesis

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