The Pit

Secondo esperimento di collaborazione tra me Zeus, io scelgo una mia fotografia, lui ci costruisce sopra una storia.

The Pit

“Spy Movie” – Paolo Spaccamonti

– Come pensa di uscirne?

La voce della donna era gravida di paura. Gli occhi, di un marrone striato di verde chiaro, rimbalzavano in maniera ossessiva fra l’uomo di fronte a lei e quella macchia luminosa alla fine del pozzo nero.

– Una soluzione mi verrà in mente, darling.

L’uomo si stupì del pesante accento scozzese che aveva infettato l’ultima parola. Non aveva più parlato nel suo dialetto da… non si ricordava più. A forza di essere in giro per il mondo, casa sua era un posto distante più nei sentimenti che nei chilometri.

– Forse sarebbe meglio pensarci. Non so quanta luce ci rimarrà e, sinceramente, non voglio rimanere qua per la notte. Questo posto mi terrorizza.

– Bisogna aspettare…– mentre lo diceva, l’uomo si riassettò i polsini della camicia Brooksfield color carta da zucchero. Guardò con malcelato disgusto, subito sostituito dalla sensazione di inevitabilità, la sporcizia che imbrattava il completo Pal Zileri e le scarpe di cuoio italiano. Scosse la testa, mentre inumidiva la punta di un fazzoletto di seta bianca e rimuoveva, con piccoli movimenti concentrici, le macchie di fango sulle scarpe.

– Aspettare cosa? – La voce della donna si alzò di un’ottava sulla spinta di una crescente agitazione, prima di ricomporsi ed affermare in maniera sarcastica – Vuole che Le porti anche qualcosa da bere nel mentre? Che ne so, un martini con l’oliva? –

L’uomo la guardò di sottecchi mentre appoggiava la seconda scarpa su uno dei massi alla base del pozzo e riprendeva l’attività di pulizia. Gli scappò un sorriso appena accennato, mentre le disse: – Non siamo mica al cinema, ma se riuscisse a trovarmi un whisky non ne farei un dramma – ritornò a concentrarsi sulla pulizia delle scarpe – Le consiglio di rilassarsi, Mrs. Whitmore, l’attesa potrebbe essere più lunga del previsto. Provi a dormire un po’, potrebbero servire delle ore prima di uscire.

– Dormire? Delle ore? – La voce di Mrs. Whitmore era quasi strozzata, mentre con un sopracciglio alzato ed i pugni appoggiati a fianchi guardava l’uomo che l’aveva appena salvata dai suoi rapitori pulirsi in maniera religiosa del fango dalle scarpe di cuoio scuro. Senza pensarci si massaggiò i polsi dove poche ore prima c’erano le catene della sua prigionia. Ironia della sorte, pensò la donna, non sapere neanche chi ringraziare.
Come in risposta ad una preghiera non detta, una figura apparve sul bordo del pozzo gettando un’ombra sulle facce dei due prigionieri.

James! Si trova laggiù? – Era una voce femminile, di una donna matura e abituata a comandare.

L’uomo col vestito elegante, James, smise di lucidarsi le scarpe e, sorridendo sornione, le disse – Forse ho esagerato un po’ con le tempistiche… – poi, alzando lo sguardo e coprendosi gli occhi con il palmo della mano, disse rivolto all’ombra – Sì, avevo prenotato il bad & breakfast all’angolo per la Signora ed il sottoscritto, ma hanno fatto confusione con le prenotazioni e siamo dovuti venire qua…– James guardò di nuovo Mrs. Whitmore facendole l’occhiolino.

Non faccia lo spiritoso, Agente. Non vorrei essere costretta a lasciarla giù. Sa che non mi dispiacerebbe liberarmi di una rottura come lei…

– Non mi lamenterei di sicuro, ma’am, vista la graziosa compagnia. Ma penso che questa bella signora voglia tornare a casa… e io non vedo l’ora di tirarmi via da questo fango e andare a bermi un whisky con ghiaccio. Pensa di farci salire, adesso?

Quando la cima della fune arrivò in fondo al pozzo, James la aiutò a legarsi e ad issarsi verso l’uscita. Mentre saliva sbirciò giù e vide che l’uomo che l’aveva salvata la stava guardando sorridendo.

– Ma lei chi è? – Gli gridò di rimando.

– Ma lei sa chi sono, Mrs. Whitmore, io sono…

La voce si perse coperta dalle manovre d’atterraggio di un grosso elicottero di salvataggio.

Driving away from home 

Domenica scorsa sono stata a pranzo da amici, in un paesino poco fuori Roma a un’ora e mezza da casa mia.
La fotografia l’ho scattata con l’iPhone mentre guidavo (lo so, non si dovrebbe fare, ma come potete vedere grossi pericoli non c’erano).
Insolito paesaggio per essere di domenica mattina, nonché primo giorno dell’estate. Forse i romani si sono fatti spaventare dall’allerta meteo per il giorno precedente, che come sempre succede quando si è preavvertiti, è stato tutto fumo e niente arrosto.

Fatto sta che mi ritrovo a guidare in una autostrada praticamente deserta, giusto un’auto ogni tanto per confermarmi che sto veramente lì e non in un sonno profondo conseguenza delle ultime notti insonni.
Ecco, quando mi trovo in queste condizioni oppure di notte, potrei guidare per ore ed ore senza fermarmi mai, potrei arrivare ovunque. La strada libera e la musica nelle orecchie, non è importante neanche che ci sia qualcuno vicino a me e se c’è posso anche evitare la conversazione, il silenzio non mi pesa, anzi. A volte serve a dare libero sfogo ai pensieri, e a ricaricarsi.

La musica invece è fonfamentale, senza non si va da nessuna parte.
Per logica, quella giusta avrebbe dovuto essere il pezzo degli “It’s immaterial” citato nel titolo del post, “Driving away from home“, ma il mood che restituisce non è quello giusto, troppo calmo e riperitivo.
Quello giusto lo da il invece il pezzo di Mark Knopfler (che assoluto è uno dei miei preferiti nella storia della musica), anche se il titolo recita l’inverso di ciò di cui ho parlato fino ad ora.
A dirla tutta il pezzo in questione mi fa pensare anche ad altro, ma non è questa la sede per parlarne.

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“Going Home” – Mark Knopfler

Una notte da voyeur

Anche la notte scorsa l’ho passata quasi in bianco, sarà stata la baguette, la corsa, la troppa stanchezza, i rodimenti della giornata oppure Marte nel Leone, fatto sta che mi sono addormentata una mezz’ora nella solita posizione scomposta, poi il nulla.

Quando dormo, riesco a svegliarmi nello stesso modo in cui mi sono coricata anche dopo sei o sette ore, il braccio anchilosato per essere stato compresso sotto il corpo, le pieghe delle lenzuola stampate sulla pelle.
Quando non dormo, non so stare a letto al buio a contare le pecore, mi giro e mi rigiro, guardo l’ora in continuazione e avverto ogni piccolo rumore. Gli animali che passeggiano sul tetto, le lancette dell’orologio in cucina, gli uccellini che cinguettano a qualunque ora. Mi sono sempre chiesta, ma loro non dormono?
C’è anche la pioggia battente a martellare il tetto, e senza solaio il rumore è amplificato.

In altri tempi a questo punto mi sarei alzata al buio per non svegliare il vicino di cuscino, avrei imprecato in silenzio dopo aver sbattuto lo stinco destro sullo spigolo del letto e mi sarei trasferita sul divano.
Oggi posso permettermi il lusso di accendere l’abat-jour e rimanere a letto, a tutto vantaggio della salvezza del mio fisico e della mia anima, sempre ammesso che lassù ci sia qualcuno ad ascoltarmi.

La procedura standard prevede a questo punto di strizzare un po’ gli occhi e riaprire il libro poggiato sul comodino, ma quello che sto leggendo richiede una concentrazione che al momento non ho.
Allungo un braccio e prendo l’iPad, leggo qualche post sul reader di WP, anche i commenti. Interessanti quanto e più dei post, e sono anche il mezzo per scoprire qualcosa di nuovo. Saltando di blog in blog, ne trovo un paio sconosciuti. Uno è recente, ci metto poco a scorrere i post, tutti molto brevi e con un argomento comune. Scrivo un commento, il tema è interessante, il punto di vista condivisibile. Follow per il futuro.

L’altro mi incuriosisce già dal primo impatto: scarno e pulito nel tema e nel layout, una pagina di info discutibile (nel senso che ci sarebbe di che discutere), nessun indice né pagine di archivio. Gli ultimi post mi piacciono e vado a cercare il primo, con lo scorrimento all’infinito ci vuole un po’ a trovarlo, risale a tre mesi fa. Una mania ragionata, quella di voler partire dall’inizio, la storia scorre in avanti, non all’indietro.
Leggo una lunga sequenza di post senza like e senza commenti, ne scrivo un paio io. Leggo ancora, qualche visitatore inizia a lasciatre tracce. Poi appare un altro blogger, che diventerà presenza frequente. Vado a leggere anche a casa sua, altra persona molto interessante. Mi piace conoscere chi incontro.
Torno di là e proseguo la lettura. I due si commentano, si punzecchiano, si stuzzicano, la sensazione è quella di una scintilla appena scoccata. Avrei da commentare anche su qualcuno di questi post, ma mi astengo dal farlo, sarebbe come intrufolarsi in una conversazione privata, anche se tecnicamente è sotto gli occhi di tutti.
Arrivo fino all’ultimo post, e sono ormai quasi le quattro del mattino, per il secondo giorno consecutivo.

Mi sento come se avessi passato l’ultimo tratto della notte a fare il voyeur.

  

“Voyeur” – Kim Carnes

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L’alfabeto dei film

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Non amo molto questo genere di cose, ma i film si e tanto, poi sono fresca di visita al Museo del Cinema di Torino dove ho rivisto tra le locandine esposte dei film che mi è venuta una gran voglia di rivedere ancora una volta.
Dunque facciamo questa lista. Un alfabeto solo non è sufficiente, ma cerco di farmelo bastare, già alla lettera “B” sono entrata in crisi, non parliamo della “S” e della “T” poi… e ne sono rimasti fuori comunque tanti (Alien, Indiana Jones, Guerre Stellari, Scent of a woman, Thelma & Louise, Trainspotting…).
Ho aggiunto di mia iniziativa il numero 0 (i film di 007 non potevano certo rimanere fuori) e un pezzo dalla colonna sonora di uno dei film che ho scelto.
Ringrazio Emanuele (che mi ha coinvolto) e la Polly (ideatrice del tag) che mi hanno fatto ripensare a tutti questi film.

“Across 110th Street” – Bobbie Womack, Jackie Brown OST

0 – 007 Missione Goldfinger
A – Amici miei I-II
B – Il buono, il brutto, il cattivo / The Blues Brothers / Blade Runner (non posso proprio scegliere)
C – Caccia a Ottobre Rosso
D – Decisamente diversi (Kinky Boots)
E – E’ già ieri
F – Le fate ignoranti
G – Gran Torino
H – Heat – La sfida
I – Intrigo internazionale
J – Jackie Brown
K – Kill Bill 1-2
L – Lasciami entrare
M – La moglie del soldato
N – Nirvana
O – Ogni maledetta domenica
P – Puerto Escondido
Q – Quattro sotto zero
R – Regalo di Natale
S – Shining
T – Taxi Driver / Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto
U – Un anno vissuto pericolosamente
V – Venere in pelliccia
W – We Want Sex
X – X-Men le origini: Wolverine
Y – Youth
Z – Zabriskie Point

Adesso tocca a voi, le regole come al solito sono queste:

– citare l’ideatrice del tag (lapolly) e il blog che vi ha taggato
– mantenere l’immagine all’inizio di questo post
– elencare in ordine alfabetico i film che vi piacciono di più
– nominare 5 (o +) bloggers

Momenti da condividere

Oggi sono uscita a pranzo con tre colleghi, la premessa era stata:
Colleghi: “Andiamo a mangiare un panino insieme?”
Io: “Ok, dove?”
Colleghi: “Non ti preoccupare, vieni con noi”
Mi hanno portata in un locale che non conoscevo, qui:

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Per apprezzare appieno il menù ed i nomi assegnati ai panini bisognerebbe essere del posto, ma per chi non lo è e non è pratico di cucina umbra e del dialetto locale, c’è sempre San Google che spiega (quasi) tutti i dettagli.
Per i più pigri, un indizio: la panineria in oggetto è una costola di un noto ristorante della zona il cui nome si spiega da sé: “Il testamento del porco”.
Se i miei colleghi si sono sentiti liberi di portarmi a pranzo qui senza dirmelo prima, ci sarà un motivo.
Fatti una domanda, datti una risposta…

Ah, già che ci siamo, concludiamo lo sputtanamento con questa “pillola” del Trio Medusa che parla della mia città su Radio Deejay: