Sfocato, sgranato, tentato, fallibile, imperfetto. Ma vissuto.
Buon anno.
La musica, per una volta, mettete la vostra.
Mese: dicembre 2019
California Dreamin’ #2
Non so come gli sia venuto in mente di scrivere qualcosa sulla California, ma quando me lo ha proposto non ci ho pensato neanche un attimo. Qui sotto il mio pezzo, qua il suo.
Merry Christmas, dear friend, ci si rivede tra qualche giorno.
Tu pensi che L’America sia grande, che gli Stati Uniti siano grandi, è inevitabile. E l’unico continente che conta due, e ogni fotografia pubblicata sulle riviste o sul web restituisce sensazioni di spazio, vastità o densità, tutte elevate a potenza. I rettilinei della Route 66, le pianure del South Dakota, i casinò di Las Vegas, i grattacieli di Manhattan, le formiche umane nella Subway. E anche gli americani che abitano le stanze dei bottoni, son lì per dimostrare al resto del mondo che loro ce l’hanno più grosso.
Poi una sera di fine estate arrivi sopra San Francisco e ti chiedi quasi dov’è. Una nebbia leggera ne avvolge le luci, come se non volesse farsi scoprire subito, e avvicinandoti t’accorgi che è più piccola di Milano. Passi la notte in un hotel dell’aeroporto, e al mattino sei a bordo del pick-up dell’Alamo affittato per dieci giorni. Oltre al volo, è l’unica certezza. Certo la T-Bird di Thelma & Louise sarebbe stata un’altra cosa, ma anche il pick-up ha il suo perché. Te lo immagini con due tavole Bear caricate nel cassone come fosse la vecchia Boonesmobile, e d’altra parte se sei qui è proprio per il surf. Per la locandina di Big Wednesday appesa sopra la scrivania, Point Break, Riding Giants e tutti gli Ocean Film Festival. Per La Filosofia del Surf, Giorni Selvaggi e La Pattuglia dell’Alba. Per i Beach Boys, gli Eagles e Jackson Browne. Per quella strada che si srotola sulla costa come una lunga onda dalle creste bianche, ora più alte, ora più basse.
Fate un salto a nord, che il Golden Gate e Alcatraz non puoi non vederli, e poi giù, lungo la Pacific Coast Highway. E’ nella wishlist da così tanto, e finalmente ci sei arrivata.
Spotify Connect, play.
Le miglia passano leggere, intervallate dagli stop lungo la strada.
Di sera i motel sulla costa col pick-up parcheggiato di fronte a una corta rampa di scale, le felpe, due Tequila Sunrise sul tavolinetto e i piedi sulla balaustra ad aspettare un tramonto dello stesso colore del liquido nei bicchieri.
Di giorno le spiagge, il sole, i tuffi nell’oceano, i costumi Maui e le gelide bottiglie di Bud seduti nella sabbia. I bagnini di Zuma sono gli stessi di Baywatch, Venice Beach è un flashback negli anni ’90, bellezze bionde sui rollerblade comprese. Il Big Sur è tanta roba, la Pfeiffer State Beach un gioiello incastonato tra le rocce. Accostate il pick-up sul bordo di una scarpata e ti tremano un po’ le gambe quando t’affacci sul ciglio.
Miglio dopo miglio la striscia blu alla tua destra è una presenza costante, non smetti di fissarla dal finestrino del passeggero. Sei nata di verde e di terra, ma il mare ce l’hai dentro da sempre. Ora lo respiri, lo senti addosso. La pelle che cambia sapore, una leggera patina salata la ricopre, la assaggi nella piega del gomito. A Huntington Beach cominci a vederli, dalla spiaggia e dal Pier. The Wedge è lo spot dei bodysurfers, quelli son davvero dei pazzi scatenati. Prosegui ancora verso sud, Laguna Beach, Dana Point, Trestles. Sul molo di San Diego intravedi Frankie Machine, non può essere lui ma ti piace immaginarlo. Prosegui oltre e li guardi ancora cavalcare le onde, li indovini dentro i tube, li cerchi all’uscita con lo zoom trattenendo il respiro.
Li guardi e pensi a Finnegan, Le onde sono il campo da gioco, il fine ultimo. Pensi a tutti i what if… della tua vita che non sono mai stati e che non potranno mai essere. Pensi a Leonardo Fioravanti, che i suoi what if li ha frantumati con la tavola imparando a surfare sulle quattro onde che il traghetto Olbia-Civitavecchia produce poco prima di entrare in porto alle sette del mattino. Forse ci sarà anche lui a Tokyo, alla prima olimpiade di questo sport da alieni. Pensi che in fondo nella filosofia del surf ti ci ritrovi, il momento importante non è ma ieri o domani, è sempre qui e adesso. E qui e adesso funziona.
Io in California non ci sono mai stata, dunque neanche le fotografie le ho scattate lì, ma è così che lo immagino il mio viaggio sulla PCH.
California Dreamin’
[Qualche settimana fa ho chiesto a due amici, Monia e Michele, entrambi che fotografono in modo interessante e originale, scrivono con uno stile che mi piace e intriga, e raccontano pezzi della loro vita in modo onesto e diretto, ho chiesto loro – dicevo – di pubblicare un loro post basato su una canzone: mi pare ne sia uscita una bella triplice 3-M esperienza, un brodo-wordpress che riflette le nostre vite, le nostre poetiche e le foto che spesso scattiamo solo con gli occhi …]
La radio trasmette scariche elettrostatiche, intervallate da brevissimi brani di canzoni inascoltabili, e da proclami di pura ortodossia lanciati da Radio Maria, unica stazione sulla quale questo cazzo di apparecchio a galena si continui a risintonizzare.
Nei pochi secondi in cui la musica emerge quasi indecisa e perturbata, il rumore di motore, telaio e meccanismi assortiti del vecchio Defender 2003 TD5, ne copre…
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