Milano al 10 di agosto

Davanti casa mia c’è il Libraccio più grande di Milano, una secchiata di ansia ogni volta che ci entro. Se penso a quanti libri ho letto e a quanti ce ne sarebbero ancora da leggere (esclusi Moccia, la Tamaro e tutte le sfumature dell’arcobaleno), non mi basterebbero neanche una decina di reincarnazioni. E tutti i posti nel mondo in cui non sono stata, la musica che non conosco, i concerti che ho perso, i film che non ho visto, le cose che non ho fatto, le parole che non ho detto.

C’è un film che si chiama “Essere John Malkovich”, io se potessi entrare nella testa di un personaggio famoso sceglierei quella di Roger Waters.

Al mattino presto sul Naviglio ci si riconosce a vista. L’indiano che fa le pulizie alla Marmeria. L’uomo grigio in completo grigio che alle sette e un quarto siede al tavolino del bar senza ordinare e apre il giornale. Il barista che gli porta il caffè poi torna a sfogliare il telefono sulla panca a lato della porta. Un paio di runner in Darsena nettamente più veloci di me, le divise gialle e nere dietro la vetrata del Borella già pronte per servire la colazione, la sciura in bici coi capelli bianchi corti lungo l’Alzaia a tornare.

Nel mio palazzo ci siamo più solo io e il capo condomino, quest’anno oltre alla canottiera bianca a righine e i bermuda ascellari sfoggia una meravigliosa fascia da fronte che a giudicare dal tipo di stoffa pare essere ricavata da una vecchia tovaglia inamidata. Sembra lo zio d’oltreoceano di Karate Kid. La sera innaffia le piante di tutti gli appartamenti mentre io mi addormento sulla panca fuori casa col libro che mi crolla addosso.

Milano al 10 di agosto è bellissima, quasi come al 10 di gennaio.

“4:41 AM (Sexual Revolution)” – Roger Waters