Lo stabile è una classica casa di ringhiera, un quadrato con cortile interno e ventotto porte sui ballatoi, zona tranquilla ma muri leggeri che puoi sentire la coppia del terzo piano quando rientra tardi la notte e la sciura del primo che soffre di insonnia e alle cinque è già sveglia e ciabatta da una stanza all’altra. Ci si conosce tutti, per lo meno di vista, molte coppie giovani con figli piccoli. In un angolo del cortile stazionano un tot di giochi e passeggini, tant’è che la prima volta che li avevo visti mi ero un po’ preoccupata, chissà che casino faranno tutti questi bambini.
Apro il cancello e parcheggio la bici, c’è il bimbo del primo piano che piange. E allora ci penso. In sette mesi che vivo qui non ne avevo mai sentito nessuno, ne di sera, ne durante il weekend quando ci sono anche di giorno. Li vedo spesso giocare con le bici o col pallone, ma sempre piuttosto tranquilli, anche quando sono tanti. Non ricordo niente di particolare neanche negli altri due appartamenti. E neppure quando esco, attraversando il parco, in centro, nelle vie in cui passo tutti i giorni. Che è strano. Strano per una abituata a bambini che fanno casino eccome. Chi strepita e si rotola a terra in mezzo al Corso tanto da sembrare posseduto perché vuole l’ennesimo giocattolo, chi attacca il pianto continuo e monocorde finché non ottiene quel che vuole, chi te lo ritrovi a scorrazzare senza controllo in mezzo ai tavoli del ristorante mettendo a rischio la pazienza e l’equilibrio dei camerieri, e non sono esempi a caso.
Salgo le scale col vicino e il suo cane, e glielo dico. Lui è romano d’origine trapiantato da qualche anno e conferma le mie impressioni, ma aggiunge che forse è anche per la zona in cui viviamo. Io non lo so se può essere davvero una spiegazione, però anche il suo cane è educato e non lo sento abbaiare quasi mai, giusto un paio di volte la mattina quando vuole fargli notare che è in ritardo sull’orario della passeggiata.
Ieri sera parlavo al telefono con un’amica, due figlie di due e sei anni. Dopo cinque minuti ci siamo dovute salutare perché le urla della piccola che cercava di accaparrarsi un libro della grande sforavano il limite dei decibel sopportabili impedendo qualunque possibilità proseguire la conversazione. Perché il ternano è un po’ come il romano, casinaro inside sin dalla nascita, e se ci penso i figli dei miei amici sono tutti più o meno uguali. Tutti piuttosto rumorosi, tutti dal pianto e dal capriccio facile, mentre quelli che vedo e con cui sono in contatto qui mi sembrano un po’ diversi. Non sono mummie, ma vivaci il giusto. O forse sono i genitori ad essere diversi.
Io non lo so se è il nord, la città, il quartiere, le singole persone, o se invece sono solo stata particolarmente fortunata io, ma finché dura mi godo la tranquillità di questo condominio.
“Hailie’s Song” – Eminem