Di libri, architettura, cristalli di ghiaccio, AC/DC. 

Siamo in fila poco dopo l’autodromo di Imola, si avanza di venti centimetri al minuto, se va bene. Avrei preferito rimanere in zona e ripartire domani, ma uno di noi deve rientrare. Io che sono persona comoda, mi ero invece presa due giorni di ferie da tempo. Che poi con la coda che c’è, arriveremo a casa tardissimo lo stesso.
Mollo il volante all’amico rompiballe e mi faccio trasportare, tutta colpa sua se in questo momento non sono già docciata e pronta per dormire, giusto una pagina del libro poi sarei caduta nel mondo dei sogni.

In questi giorni ne sto leggendo uno che mi è stato (molto ben) consigliato, tratta l’importanza e l’influenza dei sensi nei progetti di architettura. Io faccio tutt’altro lavoro, ma sono curiosa di molti argomenti e in questo libro ce ne sono concentrati due che mi interessano parecchio.

Del ruolo dei sensi ho parlato più di una volta, con la convinzione che la vista è sopravvalutata, o meglio, che tutti gli altri sono sottovalutati. L’olfatto genera in me reazioni ben più forti, poggiare le dita su un oggetto ad occhi chiusi costringe come minimo ad avvicinarsi con cautela, percorrerne la forma e tastarne la consistenza prendendosi il tempo necessario per conoscerlo rispetto alla rapida presa che avremmo fatto ad occhi aperti. Un comportamento analogo sarebbe necessario per mangiare senza guardare; raramente poi ci si sofferma sul sapore già acquisito di un cibo.
Questo per dire che i sensi hanno tutti il loro peso.

Quanto all’architettura, visitando alcuni musei sono stata affascinata tanto dalle opere esposte quanto dall’edificio ospite, il Guggenheim di New York su tutti. Altrettanto affascinante è stato vedere progetti di riutilizzo per altri fini di grandi strutture preesistenti, come la High Line e la Tate Modern, oppure un’opera d’arte costruita con il preciso intento di destinarla all’uso dei meno abbienti, come l’ insieme di case popolari di Hundertwasser a Vienna.

Ora io non ho la formazione e la cultura necessarie per comprendere la progettazione di tali opere, il mio punto di vista è quello dell’utente che fruisce ciò che la mente dell’architetto ha creato e ne gode gli effetti. Ed è qui che si inserisce il libro, ponendo l’accento sulle sensazioni e le percezioni che un edificio è in grado di generare piuttosto che sugli stili o le forme, sui sensi come ingredienti e fini del progetto, e sul modo in cui il risultato desiderato è stato ottenuto, spiegandolo senza fare uso di un linguaggio troppo complicato.

E succede che adesso so da dove derivano le emozioni inconsciamente provate al cospetto di quegli edifici, la tensione nel risalire la spirale del Guggenheim e la sensazione di totale immersione nella luce della Gare d’Orsay, come un subacqueo avvolto dall’acqua.

Andando avanti, ho trovato inaspettatamente riferimenti ad altri libri già letti, come “Il profumo” di Patrick Süskind, e “Il senso di Smilla per la neve”, di Peter Høeg, di cui sono riportati degli estratti.

smilla

Quanta sensibilità ci vuole per distinguere le infinite sfumature di bianco di un paese nordico? Un fiocco di neve da un altro? Qanik, firn, hikuliaq….

Neve, cristalli, ghiaccio… mi torna in mente quel giorno in Islanda, quando mentre tutti gli altri fotografavano l’immensità del paesaggio e le decine di iceberg arenati sulla spiaggia, io mi perdevo nei minuscoli dettagli di uno solo.
A guardarlo da lontano, sembrava un anonimo blocco come tanti altri, ma avvicinandomi con il macro, ho scoperto un’infinità di quei cristalli, accalcati uno di fianco all’altro come le 90.000 persone del concerto di stasera. Solo che i cristalli erano molto più ordinati, a formare un disegno che sembrava scolpito da un cesellatore piuttosto che dalla natura.

Cristalli

 E intanto si sono fatte le 2:15, il tempo passa, la strada no. Chissà quando arriveremo.

10 pensieri su “Di libri, architettura, cristalli di ghiaccio, AC/DC. 

  1. quantomeno dovremmo considerali alla pari : ogni senso ha la sua emozione, perchè privarsene o “gustarne” solo alcune. Per quanto riguarda Smilla e il senso della neve devo dirti che l’ho letto e ne sono rimasto affascinato, una scrittura un po’ diversa dal solito, con una sensibilità a tratti viscerale per le particolarità. E poi i paesaggi nordici, così immensi e silenziosi, assumono lineamenti e situazioni attraverso i quali forse si è veramente vicini a Dio o quantomeno all’idea mistica dell’oltre : la ricerca dell’infinito. Ciao una bella lettura, grazie.

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    1. Grazie a te per il commento. Dei paesaggi nordici amo particolarmente proprio ciò che hai detto: il silenzio e l’immensità, che riesco a ritrovare solo in un altro elemento, il mare, vissuto dal lato del mare o d’inverno, quando la gente è poca e lui manifesta la sua vera natura.

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  2. Capisco, anche a me capita di soffermarmi sui dettagli quando fotografo e ogni volta è come scoprire un mondo dentro un altro mondo. Potrebbe sembrare che chi fotografa basi tutta la sua percezione sulla vista ma non necessariamente deve esere così. L’olfatto e l’udito dano tridimensionalità alle mie percezioni quando sono in giro a camminare, così come nelle piccole cose quotidiane. Qual’è il titolo del libro che stai leggendo? Mi sembra molto interessante. Bona serata

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