Domenica pomeriggio stavo leggendo un po’ dei blog che seguo, con il ritorno al lavoro sono rimasta indietro di diversi giorni.
Tra un post e l’altro, sono arrivata al “buongiorno del 30 novembre” di paroledimaru, ed è stato come fare un salto indietro nel tempo di tanti anni.
Lei sta osservando ora lo spaccato della crescita di un adolescente maschio, suo figlio, seguendone le dinamiche di pensiero, il rapporto con gli altri maschi ed i loro discorsi, io quello stesso spaccato l’ho potuto seguire in diretta, perché in mezzo ai maschi ci sono cresciuta.
Ho vissuto sempre fuori città, ho una sorella più grande, e all’epoca si giocava con i vicini, i miei erano tre bambini di poco più piccoli di me. Con uno di loro, Simone, il rapporto è stato sempre più stretto, l’ho visto nascere nella mia stessa casa bifamiliare.
Credo che la stragrande maggioranza delle donne abbia avuto un’amica del cuore nell’infanzia, io ho avuto lui.
Giocavamo sempre insieme, più spesso con le sue cose che con le mie, aveva una macchinina a pedali blu della polizia in cui mi infilavo appena la lasciava incustodita, le pistole con gli elastici e tanti altri giochi che mi piacevano più dei miei.
D’estate passavamo il tempo in bici, sui pattini e nei campi intorno casa, sui gomiti e sulle ginocchia ho ancora le cicatrici delle tante cadute. Non stavamo fermi un attimo, e mi ricordo come fosse oggi l’incazzatura di mia madre quando mi sono sbucciata il naso qualche giorno prima della cresima di mia sorella: in tutte le foto ci sono io con i segni rossi non ancora rimarginati.
D’inverno giocavamo in casa coi Lego e le piste della Polistil (alzi una mano chi se le ricorda!). La mia era a forma di 8 con una Ferrari grigia e un’Alfa Romeo rossa, la sua era più lunga e con le curve paraboliche. Ho consumato le spazzole a forza di giocarci, e più di una volta ho rubato i suoi pezzi per allungare la mia, solo che quando li aggiungevo, le macchinine rallentavano. A un certo punto ho capito il concetto di tensione elettrica, e mi sono fatta una ragione dell’avere la pista più piccola della sua, pure se l’ho considerato uno smacco.
Avevo le mie bambole certo, ma ci giocavo da sola, e non so perché ma ho mangiato loro mani, piedi e nasi, anche a quelle di mia sorella, e usavo il Big Jim di Simone per fargli fare sesso con le mie Barbie (precoce con le idee, tarda con la pratica). Mangiavo anche i margini delle pagine dei fumetti e dei libri che leggevo, ma solo la parte bianca, i colori mi facevano schifo. Non vi fate troppe domande su questa parte per favore, me ne sono già fatte abbastanza io e non ho ancora trovato riposte convincenti.
La maggior parte del tempo insieme dunque, complici gli alltri due bambini un po’ meno presenti, lo passavamo a fare giochi maschili, ma a volte riuscivo a convincerlo a fare ciò che volevo io. Avevo un gioco da tavolo, “Barbie la Reginetta del Ballo”, uno di quelli con un percorso a caselle in cui si avanza tirando i dadi. Vinceva chi arrivava alla fine per primo conquistando strada facendo quattro obiettivi: il vestito per il ballo, il distintivo di un club, il fidanzato e l’anello. Ecco questo gioco è stata la mia rivincita sulla pista, lui non ha mai vinto perché accettava di prendere tutto, fidanzato compreso, ma si è sempre rifiutato di mettere al dito l’anello!
Gli ho anche insegnato ad usare la Maglieria Magica, cosa che nel tempo s’è dimostrata pure utile, perché non più tardi di qualche giorno fa m’ha raccontato d’aver fatto lo splendido con le nipoti spiegandogli lui come usarla. A figurine invece ce la giocavamo, ero piuttosto brava, io con quelle di Candy Candy, lui con quelle classiche dei calciatori.
Il tempo delle elementari è passato tutto più o meno così, ed è stato l’iniziare a rendersi conto che le compagne di classe gnè gnè non facevano per me, quindi perché non continuare a frequentare l’altra metà del mondo.
Con l’inizio delle medie il microcosmo dei dintorni di casa s’è allargato fino a comprendere l’intero quartiere, e anche di quel periodo ricordo più maschi che femmine; a scuola, durante l’ora di educazione tecnica ho imparato a fare circuiti elettrici invece che l’uncinetto, quello l’ho imparato più tardi per conto mio, quando ne ho avuto autonomamente voglia. È qui che cominciano ad emergere le differenze. I primi motorini dei più grandi, le prime ragazzette che arrivavano da “fuori”, le prime cotte. L’aver fatto sempre parte del giro mi dava una posizione privilegiata nell’osservare e nel capire i movimenti, partecipare ai discorsi che prendevano direzioni diverse, e seguire le evoluzioni nei rapporti, ma mi escludeva automaticamente dall’essere presa in considerazione come possibile interesse al di là dell’amicizia; la stessa cosa però valeva per me, non avrei mai potuto pensare a loro in termini diversi.
Le prime amiche le ho avute alle superiori, ma ormai la formazione della futura donna pensante più spesso in termini maschili che femminili era troppo avanzata per poter cambiare direzione, e per parlare degli effetti collaterali che questa crescita sui generis ha prodotto ci vuole un post a parte.
E intanto iniziavano a passarmi sotto gli occhi le prime “fidanzate” del mio amico, e ne ero gelosa, ma non perché avrei voluto esserlo io, lungi da me! Era perché lo stretto legame che c’era sempre stato tra noi si andava inevitabilmente assottigliando, il tempo da passare insieme era sempre di meno. Mi sono preoccupata come una sorella maggiore quando l’ho visto perdere la testa dietro a chi non lo meritava, ma non glie l’ho mai detto. Avevo già capito che l’unica cura a un male del genere era e sempre sarà lo sbatterci la testa di persona.
Ed è passato tanto tempo da allora, ma questo legame ancora regge. C’è una moglie bella e simpatica, e due belle bambine, una ha sei anni, l’altra pochi mesi. Con la grande a volte giochiamo insieme, ma purtroppo preferisce le bambole alle macchinine. Ma non perdo le speranze, aspetto che cresca la piccola, magari mi andrà meglio con lei, e per uno dei suoi compleanni le regalerò questa.
“Ritorno a casa” – Afterhours (ascoltatela, che ne vale la pena)
Le foto di questo post sono prese dal web.
Prima lettura del giorno. Ora tutto mi è più chiaro. Quando racconti c’è poco da fare, tiri dentro. Buona giornata Clic!
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Buona giornata anche a te… Se riesco a dormire un paio d’ore la mia non sarà un tutt’uno con ieri 🙂
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Buon riposo allora Clic!
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Davvero nostalgico, davvero imtenso, davvero bello…e davvero divertente in alcuni punti. La parte delle merende a base di bambole in particolare 🙂 non che io mi faccia domande su questo, giuro, tranquilla 😛
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Le merende a base di bambole fanno pendant con gli zabaioni col marsala e le fette di pane, zucchero e vino. Vuoi mettere, rispetto ai bambini di oggi cresciuti a McDonald e merendine confezionate?
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Bè, se prendi un happy meal hai in regalo un giochino di plastica da poter divorare 😉
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😀
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bello il tuo racconto…coinvolgente!
Ho ricordi sfocati della mia infanzia ma ho ben presente la mia amica del cuore, insieme abbiamo condiviso giochi, risate e spensieratezza
le nostre strade si sono divise durante l’adolescenza e se mi chiedi il motivo non te lo so dire…ci siamo perse per non ritrovarci piu
Oggi mi manca
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Le nostre strade si sono allontanate tante volte ma sempre prima o poi ricongiunte, come succede tra fratelli e sorelle. Lui per me è il fratello che non ho mai avuto.
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La nostalgia, la malinconia dei giorni che furono… io le tengo sempre fuori dalla mia vita… ma faccio poi bene?
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Malinconia, no. E forse anche nostalgia è sbagliato come definizione, perché non è che vorrei tornare indietro. Sono solo periodi della mia vita che, a differenza di altri, ricordo col sorriso sulle labbra. Adesso e allora.
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Bel post! Eri una ragazzina di quelle in gamba 🙂
Mi hai fatto viaggiare nei ricordi, avevo anche io una pista Polistil… Poveri quelli che non ci hanno mai giocato!
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Ma sai che ogni tanto mi ricompro una di quelle cose a cui tenevo tanto da piccola e che sono andate distrutte negli anni? Tempo fa è toccato al Manuale di Yoghi e al Libro degli Gnomi (edizioni rigorosamente vintage), e da quando ho iniziato a scrivere questo post mi sta prendendo l’insana voglia di riavere quella bella pista a forma di 8 😀
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Ti prego, la pista no. Caso mai il trenino, quello sì che lo ricomprerei! 🙂
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Il trenino l’ho sempre desiderato ma non me l’hanno mai comprato, e neanche l’Allegro Chirurgo, avrei voluto pure quello.
C’è da dire anche che non mi sarei accontentata di un trenino qualsiasi, io volevo un plastico Lima di quelli grandi, con le stazioni, le gallerie, i passaggi a livello con le auto in fila, le persone nelle case e chi più ne ha, più ne metta, e siccome anche oggi mi farei prendere dalle stesse manie di grandezza di allora e non ho lo spazio per farlo, il trenino rimane nel cassetto dei desideri. La pista è molto più gestibile 🙂
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Però si potrebbe fare un’associazione sfigatissima con un garage in affitto solo per il trenino 🙂
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Dove? Quando?
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Hahahahaha… 😀
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Io ho passato un’infanzia simile alla tua, nei giochi soprattutto, pista Polistil inclusa, ma il mio compagno di giochi era mio fratello, visto che noi viveamo isolatissimi. Con lui però ci siamo persi per un po’, per poi ritrovarci a scuole finite. Dell’aver condiviso giochi fisici e considerati prettamente maschili ho maturato la ferrea convinzione che i giochi di genere siano una minchiata. Quindi sì al bambolotto per il maschio quando l’ha chiesto, per non parlare di mia figlia più piccola che vorrebbe i boxer, e non glieli prendo solo perchè eredita quintali di biancheria seminuova dalla sorella. Bel pezzo cara, credo sia la prima volta che ti leggo (non guardo foto e ascolto musica intendo), un piacere.
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I giochi di genere sono una minchiata, condivido in pieno, così come il non voler assecondare i bambini in certi loro desideri.
Giusto oggi pranzo ero in un locale che frequento spesso, vicino a me, un tavolo con una mamma e sua figlia, una bambina dai capelli cortissimi, tagliati di sua volontà “perché così sono pronta per l’estate”, testuali sue parole :), e che ama giocare coi dinosauri piuttosto che con le bambole.
S’è aggiunta poi una conoscente della madre, che ha cercato di convincerla che non è bene per la bambina avere i capelli così corti, che sembra un maschio, che bla bla bla… Le stesse cose le aveva già dette un attimo prima alla bambina, quando la madre si era alzata per andare in bagno. Avrei voluto girarmi verso di lei, farle leggere il post e dirle che l’autrice era la stessa persona che aveva davanti, una donna normalissima come tante altre e senza nessuna turba psichica derivante da un’infanzia da maschiaccio.
Quanto alla scrittura, questo è il terzo post che scrivo “a parole”, e anche se scrivere mi piace, lo faccio raramente; ne ho spiegato i motivi in uno degli altri due. Sono contenta che ti sia piaciuto 🙂 e a me piace il tuo nuovo gravatar.
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😊 grazie cara! Adesso mi cerco gli altri due articoli. E ovviamente concordo alla grande. Noi maschiacci alla fine siamo donne normalissime… Ma il qualunquismo e l’ignoranza continueranno a mietere vittime innocenti.
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Anche io avevo una Polistil e la Ferrari rossa era la mia preferita.
Bei ricordi 321. Vita sana e gente ruspante. ..genuina…vera. oggi è tutto di plastica . Bel post. ..grazie.
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Pane e zucchero batte merendina confezionata 1000-0.
Per non parlare poi della cioccolata metà bianca e metà nera venduta a fette al negozio di alimentari:)
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Hei non dimentichiamo i lecca lecca tipo sottiletta nella plastica trasparente. ..I pattini a rotelle regolabili con le stringhe. ..le 10 e le 50 lire…le nazionali senza filtro. 321 mi guardò intorno e mi sento vecchio ma felice d’aver vissuto gli anni 80. Con i film di Franco Franchi e la rivista di Le Ore.
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Se ci fossimo conosciuti da piccoli ti insegnavo a giocare a Subbuteo! 😉
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Avrei imparato molto volto volentieri 🙂
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A parte il calcio quello è l’unico gioco che riusciamo a fare insieme con mio figlio, patito di giochi elettronici che io detesto (ed in cui sono totalmente negato)
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Negata per i giochi elettronici anche io… se avessi posto a casa mi comprerei il flipper della Famiglia Addams, quello vero da bar di allora!
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Negatissimo anche in quello, per altro, però almeno vuoi mettere! C’è poco da fare Monia, siamo nostalgici….e non va bene. No, non va affatto bene!
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Va benissimo invece, perché non è un voler tornare in pieno al passato ma solo la voglia di averne oggi qualche pezzo!
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Va be’ dai, vista così hai ragione tu!
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E m’era sfuggito questo post.
Scrivi bene.
Ho avuto il mio primo computer in seconda media (un Amiga 500 e ci facevo di tutto e di più, scrissi anche diversi programmi all’epoca), ma avendola già assaggiata, la strada non l’ho mai abbandonata. Forse fatico a comprendere le tensioni e le paure di mia madre, che ancora oggi sono un freno per me, lo sento, ma non capisco il perché. Ad ogni modo. I miei giochi erano il campetto rigorosamente di breccia appuntita e bianca, le figurine (anche se non ho MAI avuto un album… le compravo e le scambiavo perché era quasi un rito di iniziazione sociale), i videogames in una sgarrupatissima sala da biliardo, covo di contrabbandieri e anime perdute. Passavo ore ad ascoltarli parlare dei propri tradimenti, dei tradimenti degli altri, dei tradimenti delle mogli degli altri e degli affari loschi che ruotavano attorno al contrabbando di sigarette, scaricate la notte prima dagli scafisti a Bari Vecchia. Gente che non aveva più nulla da perdere, sempre pronta all’allegria (amara, di quella che fa un po’ male) nonostante tutto. Ecco, forse quella sala da biliardo ha forgiato il mio innato romanticismo.
E senza dimenticare che i miei passatempi preferiti erano i libri e le ragazze. Questo, a dirla tutta, non è cambiato…
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Scrivi benissimo, così bene che mi hai fatto venir voglia di tornare a scrivere a parole e non solo di musica come sto facendo ora. Ma quello che mi ha fatto venire più voglia è l’argomento trattato, unitamente ad alcune riflessioni fatte in questi giorni. Abbiamo cose in comune. Il mio Simone si chiamava Claudio, aveva la pista con le macchinine ma in più aveva un mega plastico con i trenini e tutto il resto. L’aveva sì ma solo da guardare, perché era di suo padre. Ma Claudio si è preso la sua vendetta, è diventato pilota di linea… e di plastici ne ha tre.
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Giocavamo in strada, perennemente in bici o in skate sui marciapiedi.
Bussolotti, stucco, pistole e fucili come se piovesse.
Senza solerti psicologi a catechizzare i genitori.
E quando ci si faceva male rischiavi pure di beccarle.
Adesso ho due figli e mi sembra di vivere su un altro pianeta.
Generazione Napisan.
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Io andavo persino a scuola da sola, a piedi alle elementari, con l’autobus dalle medie in poi. Improponibile oggi.
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“Questa” l’ho regalata ai miei. Forse troppo presto, forse era più per me che per loro. Fatto sta che è a prendere polvere nel box.
Ma sai che ti dico? Stasera la monto, e ci gioco.
(la mia pista, ai tempi, aveva la tyrrel blu, la lotus jps nera e oro, oltre all’immancabile ferrari nr 12.
((poi, per quel tizio sulla nr 12, ci ho lavorato per una decina d’anni 😉 ))
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Niki
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